Natale nella Grande Neve di Bambergh (2725).
“Miei cari amici, una bugia che non viene smascherata, dopo dieci anni è verità. Dopo cento anni è leggenda e dopo mille è Mito. Questo è il mio parere su quanto succede qui a Bambergh” disse il Capitano Lazarus O’Bannon Smith, rivolto soprattutto al vecchio nostro ospite Anfaelius che ci aveva narrato i prodigi della Grande Neve di Bambergh, seduto con noi nella penombra del piccolo soggiorno riscaldato da un’arcaica stufa ad infrarossi, nella sua dimora ben isolata dal glaciale clima esterno.
Quando O’Bannon pronunciò queste parole, il poeta e pensatore Anfaelius Malkòvich ci aveva appena raccontato spiritosi aneddoti a proposito dell’ironia usata per ridicolizzare la supponenza degli ideologi di tante fazioni politiche, i quali provavano sempre a coinvolgerlo in interminabili discussioni pretendendo di adattare il suo originale pensiero alle loro ideologie; infine aveva concluso il suo discorso narrandoci la meravigliosa leggenda natalizia della Grande Neve di Bambergh, a cui egli affermava di credere ciecamente. Il luogo dove ci trovavamo era la sua casa nella città di Bambergh, vicino al circolo polare settentrionale del pianeta Glacius, dove ci eravamo rifugiati nel periodo natalizio del 2725 per sfuggire ai divieti di quella che passò poi alla storia come ‘Terza Pandemia Universale’ e che, per motivi misteriosi, stava risparmiando proprio quel piccolo gelido pianeta. Le persone accanto a me e ad O’Bannon erano mio figlio Evgeniy, che Anfaelius aveva sempre benvoluto come un nipote acquisito; il Maggiore Cantor Dragan grande ammiratore dell’opera di Malkòvich, ed il Comandante Vladimir Orlov esperto navigatore delle zone più fredde dell’Universo che ci aveva condotto fin là. Nevicava ininterrottamente da ventisei giorni e il calore diffuso nella casa contrastava piacevolmente con l’atmosfera ovattata della spessa coltre di neve che la circondava. Si diceva che fosse quel gelo soprannaturale a proteggere il pianeta e la minuscola città di Bambergh dall’epidemia. Era proprio su questo argomento, alquanto spinoso per noi tutti sostenitori del predominio della ragione, ad eccezione del poeta, che O’Bannon aveva espresso il suo scettico parere.
Dopo alcuni istanti di riflessione sottolineata da un’accentuata piega beffarda sulle labbra, Anfaelius scoppiò in una sonora risata procurandoci un soprassalto. “Scettici ancora una volta, come sempre!” esclamò, indicando il Capitano O’Bannon, proprio colui che si era dato tanto da fare, chiedendo pure un lungo congedo non retribuito allo Stato Maggiore della Flotta Galattica, per organizzare in fretta il viaggio interstellare su Glacius e scampare tutti insieme alla pandemia.
“Quando la Grande Neve viene giù – continuò il vegliardo – compie il miracolo di sanare tutti coloro che a Bambergh, da centinaia d’anni, vivono in modo frugale e lontani dai vizi della troppa abbondanza. A me poi essa fa quasi risuscitare, considerate le mie precarie condizioni. Questo, che vale anche per voi epidemia o no, non lo avreste mai potuto supporre con tutto il vostro raziocinio. Ma intanto siete venuti qui, con la scusa di far compagnia a un povero vecchio durante l’isolamento imposto da una becera autorità intergalattica, imbelle ed incapace!”
Nel dire questo, saltò giù dalla poltrona indossando una vestaglia di caldo tessuto amaranto presa da una vicina cassapanca. “Seguitemi nell’interrato – proseguì – in quella che è la mia caverna magica. Vi farò vedere i miei vari trofei e la prova dell’esistenza reale di un presunto mito trovata da me su Glacius: la gigantesca penna di un Catoblepa, un animale fantastico da sempre e dappertutto ritenuto un’invenzione mitologica di secoli e secoli fa. E questo per smentire l’autorevole parere del nostro buon O’Bannon sulla fallacia dei miti. Venite e sprofondiamo dove tutto si fa magico e reale ad un tempo!” esclamò infine allegramente, afferrando un mazzo di chiavi che teneva appeso al cantone della porta. “Forza, andiamo!” incitò con impazienza.
Stregati dalla sua portentosa energia, gli andammo dietro giù per la scala che portava nel sotterraneo, mentre O’Bannon, per nulla turbato dalle pungenti osservazioni del poeta, guardava mio figlio stupito dal rinnovato vigore del suo ‘nonnetto’: così Evgeniy apostrofava familiarmente Anfaelius. “È facile con quell’istrione di Malkòvich passare dai misteri della realtà ai miracoli della finzione! – esclamò sarcastico il Capitano – Perfino io comincio a credere davvero che la nostra immunità sia dovuta alla miracolosa Grande Neve di Bambergh. Ho sentito dire che i mistici di tante galassie la considerano d’origine divina.” Poi rivolto a tutti, ma soprattutto a se stesso, O’Bannon aggiunse perplesso: “Chissà che non abbiano ragione e che il Dio delle Galassie talora non si ricordi anche di noi…”. Udite queste parole il Maggiore Dragan, già arrivato a metà dei gradini, sentenziò conciliante: “D’altro canto il misericordioso Anfaelius ricorda solo il bene delle persone, perciò è giusto che qualsiasi divinità ricordi solo il bene di lui. Speriamo che avvenga così anche per noi!”
Nelle foto un andito del sotterraneo della casa di Anfaelius, con l’enorme penna di Catoblepa staccatasi da un imponente pannello addossato alla parete, ed uno scaffale con alcuni dei tanti riconoscimenti assegnati a Malkòvich; l’astronave a controllo di calore ‘Zar del Ghiaccio VI’ in avvicinamento a Glacius, ed una veduta dei dintorni innevati di Bambergh.



Testo, elaborazioni e rendering digitali di Enrico Smith.