Il Pianeta della Precognizione Capitolo 2 – Dhara Godavari e ‘La Dolce Schiavitù del Mare’ (2720)

Dhara Godavari e ‘La Dolce Schiavitù del Mare’ (2720).

Dhara Godavari era una mia buona amica fin dal 2093 quando, inviato sulla Luna per documentare i progressi delle ricerche sul prolungamento della vita umana, l’avevo incontrata giovanissima presso il Life Horizon Laboratory [cfr. https://www.enricosmith.it/cosa-ci-facevo-sulla-luna-alla-fine-del-xxi-secolo-2093/ ] .

Col passare del tempo era riuscita a distinguersi tra i fisici che dagli inizi del XXVII secolo studiavano la realizzazione dei ‘Motori a Varco’. Essendo un eccellente fisico teorico Dhara aveva anche avanzato un’ipotesi, condivisa a denti stretti dai suoi colleghi maschi, sul perché l’entropia non venisse stravolta dai viaggi nel tempo [cfr. https://www.enricosmith.it/il-pianeta-della-precognizione-capitolo-1-dispute-filosofiche-2715/ ]. Secondo lei la ragione stava nel fatto che finché ci si limitava a percorrere la freccia del tempo senza manipolare né il passato né il futuro, al ritorno dal viaggio nel Varco temporale le alterazioni entropiche si annullavano. Era come il nastro di una registrazione: lo si poteva far avanzare o riavvolgere, ma il film a cui si assisteva restava sempre quello. Diverso sarebbe stato il caso se qualcuno avesse aggiunto, sottratto o modificato qualche scena: nel rivederlo il film non sarebbe stato più il medesimo, con esiti imprevedibili.

Dhara fu anche una tra le prime a voler tentare di persona il viaggio nel ‘Varco’. Ella si valse della mia familiarità col Capitano Lazarus O’Bannon Smith per coinvolgere nell’itinerario spazio-temporale – insieme al sottoscritto ed allo stesso O’Bannon – alcuni amici vecchi e nuovi come il colto armatore Fletcher Gordon, il cercatore di Alterità Nascoste Martin Digger, ovviamente incuriosito dai viaggi nel tempo, il mitologo Patisso Bènefor e l’eso-archeologo Wollendy Vogel. La scienziata ci riunì rapidamente nel 2720 sulla sua astronave ‘Vallika’, riadattata con cura da Fletcher Gordon, per un’impresa sul pianeta Hìsmeret (che si avviava a diventare la meta preferita dei Crononauti) alla scoperta del futuro e del passato.

Durante le pause dagli impegni di navigazione, riuniti nel soggiorno del suo alloggio, capitava che Dhara ci narrasse con entusiasmo del mare calmo e luminoso che ricopriva buona parte di Ankur, suo pianeta d’origine. Contemplare le onde dalle immense spiagge era una consuetudine millenaria, chiamata ‘La Dolce Schiavitù del Mare’, tramandata dagli anziani ai bambini come una favola che ogni anno si concretizzava in un rito collettivo consacrato alla Voce del Mare e offerto alle ancestrali Divinità del Mare. Lungo le spiagge di Ankur venivano sospese enormi cipree dinanzi a potenti microfoni, che diffondevano per tre giorni di festa gli echi melodiosi del mare in ogni dove.

In una di queste conversazioni, la scienziata ragionò su tale usanza parlandone con nostalgia. “Simbolicamente – ella ci riferì – ‘La Dolce Schiavitù del Mare’ adombra l’Isola del Tesoro che inseguiamo fin dall’infanzia: essa potrebbe dimorare nascosta nel passato o nel futuro poiché per la legge dell’Entropia niente può essere mutato nell’Universo, e noi non possiamo modificare il nostro fato. Ma come nella vita c’è chi è disposto a rovesciare il tavolo da gioco costi quel che costi, così potrebbero esserci dei corsari del Tempo decisi a far saltare il banco dei destini collettivi, per il semplice gusto di toglierci l’illusione di quell’Isola che abbiamo sempre sognato; o addirittura di sabotare intere vicende storiche per vantaggi privati, spacciati come necessari progressi.”

“Sarebbe opportuno che l’Unione Galattica favorisse la nascita di forze d’intervento comuni” se ne uscì con enfasi il dottor Vogel, “per impedire a tali malintenzionati di alterare il corso della storia!”

“No, egregio dottor Vogel. Forse le cose non stanno così, almeno secondo il mio punto di vista”, puntualizzò calmo Bènefor. “Da sempre una parte dell’umanità presuppone l’esistenza di Spirito e Materia, e quindi di un’etica individuale; un’altra parte la nega presumendo una sola sostanza dai nomi diversi: Dio, Essere o Volontà che siano. Con questo fardello tutti si sono inventati il ‘Destino’, ma anche la possibilità di cambiarlo. Lasciamoglielo credere, dunque. Ma ciò che conta è che, malgrado il ‘Varco’, sia stata riaffermata l’invarianza dell’Entropia nell’Universo, la quale fa coincidere Certezza e Verità nella scienza e nella storia senza eccessivi scrupoli morali, anche percorrendo in lungo e in largo il Tempo perché ciò che è scritto è scritto, come direbbe il Profeta.”

Digger, Gordon ed io stavamo ancora riflettendo su queste affermazioni, allorché O’Bannon rivolto a tutti, ma in particolare a Dhara Godavari, disse: “Beh, profeti o non profeti, anche a me piacerebbe sperimentare ‘La Dolce Schiavitù del Mare’ ed assistere al rito della Voce del Mare, una volta in congedo. So di un altro pianeta caratterizzato dal mare, oltre ad Ankur, e penso che trascorrerò proprio lì la mia ultima età. Si chiama ‘Neptune Clovis’ ed è il posto ideale per contemplare le onde dall’alba al tramonto, circondato da colori che soltanto la fantasia ti può far vedere dentro un’astronave. Per me allora Spazio, Tempo ed Entropia non saranno che vuote parole, di fronte all’esperienza del mare vivo davanti agli occhi. Quella sarà la mia Isola del Tesoro, carissima Dhara.” E qui lo sguardo del Capitano Lazarus O’Bannon Smith in direzione della Godavari si colmò d’affetto.

“Soltanto… vorrei bere un altro goccio insieme a voi prima di andare a dormire”, concluse dopo una pausa lo stesso O’Bannon, alzando e volgendo all’intorno il bicchiere con un amichevole sorriso.

“E così sarà gettar via la scala dopo esserci saliti tutti quanti, come scrisse un filosofo del XX secolo…” sentenziò ridacchiando l’armatore Fletcher Gordon, sollevando anch’egli il calice.

Nelle immagini seguenti: la foto di un dipinto ad olio del pittore Hentho Ly (uno dei più stimati di Ankur) tratta dall’Almanacco Storico-Artistico della Voce del Mare, che raffigura un particolare del rito stesso; poi l’astronave ‘Vallika’ ripresa con lo scatto remoto a riflessione laser al largo di Hìsmeret, ed un ritratto di Dhara Godavari.

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Enzo Lisi:’Ciprea 2′, olio su tela, cm. 90 x 120:, 1983

Enzo Lisi: ‘Ciprea 2’, olio su tela, cm. 90 x 120:, 1983
L’astronave ‘Vallika’ ripresa con lo scatto remoto a riflessione laser al largo di Hìsmeret
Dhara Godavari

Testo, elaborazioni e rendering digitali di Enrico Smith.