La Galassia di Dio
In questa foto mi trovo a bordo della gigantesca piattaforma astronautica “Leviticus” che, comandata dal generale Andrej Kutchenko, navigava vicino al pianeta Astaroth (di cui uno scorcio infernale è visibile nella parte bassa dell’immagine) in una delle regioni più calde della Galassia della Tarantola, alla ricerca di un nuovo rarissimo metallo (catalogato poi col nome di “Astarro” nella tavola degli elementi), capace di centuplicare la forza di traslazione dei motori a trascinamento pluridimensionale simultaneo usati fino ad allora (2205 d.C.).
Grazie a questa scoperta, alcuni anni dopo sarebbe stato possibile contrastare e vincere la forza attrattiva dei più grandi Buchi Neri, situati qua e là come trappole nell’Infinito. Penetrare in uno di essi (ma va a sapere quale…) per sbucare dall’altra parte dell’Universo, avrebbe permesso all’umanità di avvicinarsi alle estreme galassie, fino ad arrivare ad un tiro di schioppo da quella più lontana, la cui esistenza era stata già ipotizzata da tanti filosofi e teologi, che l’avevano definita “La Galassia di Dio”.
Viaggiavo sulla rotta studiata tre anni prima dallo scienziato geo esobiologo Konrad Marinkovich, detto “Il Diabolico Woland”. Questa fu la prima volta che la rotta venne percorsa realmente. Io ero molto in ansia, ma la presenza del mio curiosissimo amico psichiatra dott. Vogel, che quando poteva aderiva a tutte le più complicate ricerche scientifiche, mi aiutò a sopportare il disagio psicologico.

Testo, elaborazioni e rendering digitali di Enrico Smith