I Migranti delle Onde del Destino: ovvero con il Capitano Lazarus O’Bannon Smith, il Luogotenente Sandez, Patisso Bènefor e Cantor Dragan in mezzo alle Onde del Destino sull’astronave Fatum (2752).
Sul finire del 2750 si pensò ad una scoperta sensazionale in campo scientifico e tecnologico. L’astrofisico dimensionale Hèctor Kaspèri aveva formulato una teoria secondo cui l’azione dei motori a trascinamento non solo poteva influenzare il trascorrere del tempo, ma anche modificare il destino di coloro che viaggiavano sulle astronavi spinte da quei motori, in modo del tutto imprevedibile e casuale.
Per verificare questa sorprendente ipotesi, si approntò una nuovissima astronave a motore pluridimensionale, capace non soltanto di effettuare un percorso sperimentale interstellare ed extra-temporale, ma anche di registrare e verificare accadimenti insoliti nel destino dei viaggiatori scelti come cavie, assistiti da personale medico specializzato.
La pubblicità esagerata e distorta data alla vicenda, nonché organizzazioni senza scrupoli avvezze a profittare subito di simili circostanze, attirarono un numero esorbitante di sciagurati che, col miraggio di migliorare per sempre la propria vita come ad una super-vincita alla Lotteria Galattica, reclamavano di prendere parte come cavie a quella che era invece una complessa spedizione scientifica. L’opinione pubblica soprannominò questi poveri illusi ‘I Migranti del Destino’. Ovviamente per un esperimento del genere furono scelti soltanto seri volontari, senza legami su Terra Magistra. Anche a me fu chiesto di farne parte in qualità di fotografo, e dovetti presentare una liberatoria legale riguardante la mia famiglia.
Tra gli altri componenti dell’equipaggio furono scelti il Capitano O’Bannon, il Luogotenente Sandez, l’esperto esobiologo Patisso Bènefor ed il Maggiore Cantor Dragan per certi eventi misteriosi che avevano caratterizzato il loro passato, ad alcuni dei quali io stesso avevo assistito.
Come meta dell’operazione si individuò l’estrema regione della “Galassia di Dio”, in quanto Kaspèri riteneva che soltanto ad enormi distanze e dopo plurimi salti dimensionali avrebbero potuto manifestarsi significativi fenomeni di modificazione nel destino degli astronauti-cavia. Il punto era proprio questo: come essere sicuri che l’esperimento non avrebbe finito per stravolgere anche le vite dei membri dell’equipaggio, estranei all’esperimento? L’inquietudine di tale possibilità fu presente in me fin dalla partenza; a volte durante il viaggio, preso da un’angoscia improvvisa, rivolgevo ai miei compagni di viaggio ripetute domande sulle comuni identità ed esperienze, fino a renderli preoccupati delle mie condizioni psicologiche.
Al ritorno su Terra Magistra, conclusa l’impresa dopo mesi di viaggio, furono rilevati e analizzati i dati degli eventi ritenuti insoliti constatati sui partecipanti all’esperimento. Le approfondite verifiche successive dimostrarono che non c’era stato nemmeno un caso di variazione nel destino di alcuno degli astronauti del Fatum. Tutti, cavie e membri dell’equipaggio compresi, avevano condotto la loro esistenza a bordo senza il minimo cambiamento.
Il Capitano O’Bannon, il Maggiore Cantor Dragan, il Luogotenente Sandez, l’esobiologo Patisso Bènefor ed io, portammo qualche tempo dopo la comunicazione dell’esito negativo dell’esperimento – ufficialmente denominato “Le Onde del Destino” – all’astrofisico Hèctor Kaspèri nel suo laboratorio posto alle pendici del Monte Van Eyr sull’arido pianeta Erevan, situato ad alcune decine di anni luce da Terra Magistra, e proprio per questo ben adatto agli esperimenti dello scienziato.
Anche se l’annuncio avrebbe significato per Kaspèri la sconfessione della teoria e probabilmente la fine della sua carriera, egli ci accolse con molta signorilità. Dopo averci fatto accomodare nello studio, inondato da una calda luce soffusa e da una tenue musica erevaniana, offrì ai nostri palati la delizia di un dolce tipico della montagna e di una prelibata bevanda proveniente da Terra Magistra.
Mentre in silenzio consumavamo la colazione, seduti a terra su morbidi cuscini secondo l’uso erevaniano, Kaspèri con un gesto sollecitò la nostra attenzione ed iniziò a parlare sommessamente rivolgendoci queste parole: “Cortesi miei ospiti, la vita di un uomo è ben poca cosa commisurata ai cicli eterni dell’Universo. Perciò sono sicuro che mi comprenderete se vi dico che per me la parola ‘destino’ ha sempre avuto un solo ed immutabile significato, essendo io convinto che ciascuno di noi nasca con la mano del Signore del Cosmo sul capo, e sotto di Lui ognuno di noi cresca e intraprenda la sua strada, più o meno lontana da quella mano protettrice. Il nostro fato è tutto qui, e niente e nessuno può essere capace di cambiarlo; men che meno una serie di quelle equazioni dimensionali da me concepite nell’ultimo ventennio. Il fallimento dell’esperimento “Le Onde del Destino”, da voi coraggiosamente portato a termine, per me costituisce un grande sollievo perché, se la mia teoria fosse stata confermata, tutte le mie intime convinzioni filosofiche e religiose sarebbero state invalidate; e ciò avrebbe significato la fine della mia coscienza che si era sempre fondata su quelle certezze. Una specie di morte anticipata. Al contrario così, è vero che la mia teoria è stata smentita, ma da oggi in avanti grazie a questo esito negativo posso continuare a vivere soddisfatto e saldo nelle convinzioni che i miei genitori avevano instillato in me tanto tempo fa, dagli anni della mia infanzia.”
Qui Kaspèri s’interruppe e cominciò a scrutarci, uno per uno. Noi ci guardavamo perplessi, non sapendo cosa ribattere. Quando lo sguardo dello scienziato incrociò quello del Capitano O’Bannon, questi intervenne con tono risoluto ma partecipe, ponendo così fine all’imbarazzante circostanza.
“Comprendo bene la sua vicenda dottor Kaspèri, anche se la mia è opposta. E mi spiego meglio. Quando divenni astronauta e capitano navigatore, fui risucchiato dalla nebbia delle province galattiche e cambiai per sempre il mio destino abbandonando la mia famiglia. Prima di lasciarli definitivamente mio padre Novicius mi abbracciò, sussurrandomi all’orecchio, in modo che mia madre non sentisse, ‘Beato te che conoscerai cose che io non ho potuto conoscere!’. Forse dal suo punto di vista aveva ragione, ma ora mi rendo conto che quello che ho conosciuto non è valso molto di più di ciò che ero e sapevo già quando me ne andai. Mi sono imbarcato sul Fatum con la segreta speranza che la sua teoria, dottor Hèctor, fosse vera e che il mio destino cambiasse almeno quel tanto da farmi ritrovare quello che ho perduto. Così non è stato, ma è meglio. Ciascuno di noi deve imparare a convivere col proprio fato, poiché niente può mutarlo: diverse possono essere le strade che percorriamo, ma alla fine il punto d’incontro con la nostra sorte sarà sempre il medesimo. E questo, proprio lei dottor Kaspèri, col suo fallimento, ce lo ha ricordato a tutti!”, concluse O’Bannon solennemente, alzando la coppa per un ultimo brindisi di commiato.
Nelle foto l’astronave Fatum al largo del pianeta Erevan con l’imponente catena del Monte Van Eyr quasi in corrispondenza del circolo polare, e un intenso ritratto del dottor Hèctor Kaspèri.


Testo, elaborazioni e rendering digitali di Enrico Smith.