Pandemia su Terra Magistra (2671)

Pandemia su Terra Magistra (2671)

Appena partiti da Horrèus, il pianeta rifugio di Cassandra Lyngham, venimmo a sapere di non poter tornare su Terra Magistra poiché nel frattempo colà era scoppiata una disastrosa epidemia e tutti i transiti spaziali erano stati severamente proibiti.

Quindi fu per noi giocoforza fare tappa sul prossimo pianeta Bhayros e prendere alloggio in una locanda albergo della grande stazione d’attracco astronautico ‘Borderlodge 7’, dove saremmo rimasti prevedibilmente per un lungo periodo. Lì poi ci raggiunse proprio da Terra Magistra, dimostrata la sua immunità al virus e chiesto un periodo d’aspettativa, il Capitano Lazarus O’Bannon Smith allo scopo di riaccompagnarvi me e Cantor con la sua piccola astronave privata ‘Elettra’, quando sarebbe stato revocato lo stato d’emergenza. In tal modo Martin Digger sarebbe stato libero di proseguire il suo viaggio studio tra le stelle a bordo dell’astronave ‘Kolòny’, con la quale eravamo andati su Horrèus ad incontrare Cassandra ‘Meredith’ Lyngham.

Dopo aver lasciato il suo pianeta rifugio, ci sentivamo tutti ancora catturati dal fascino di Cassandra, ed io in particolare mi interrogavo sull’eterna magia che la musica esercita sugli esseri viventi.

La risposta alla domanda forse importuna da me rivolta al Maggiore Cantor Dragan sul perché apprezzasse tanto l’ascolto e la storia della musica, e se questa potesse in qualche modo influire positivamente sulle vicende delle specie umane e galattiche, fu lapidaria.

“Certo che la musica mi piace, ma non ho mai pensato – egli affermò – che siccome piace a me, essa possa cambiare il mondo. Forse può cambiare in meglio noi stessi, e questo è già un bel passo avanti. Non crede, Henry?”

Questa discussione si svolgeva all’ora di pranzo nella locanda albergo ‘Myosotis’ dove eravamo tutti ospitati già da un paio di giorni.

“Lei è d’accordo, Capitano O’Bannon?” chiesi, rivolgendomi a questi, mentre Digger sbucciava svogliatamente un frutto, prelevato dalla grande compostiera che troneggiava nel centro del tavolo intorno al quale eravamo seduti a rifocillarci.

“Henry, lei cerca costantemente di trascinarmi nelle diatribe suscitate dalle sue curiose domande”, disse di rimando il Capitano. “Di ciò sono lusingato perché forse pensa che io possa sempre esprimere l’opinione più appropriata su qualsiasi argomento; ma non è così. Per quanto mi riguarda, più vado avanti nel tempo e meno sono convinto dell’efficacia delle parole.”

“È così, Capitano. Ho grande stima nei suoi confronti – argomentai io – quindi in parte è vero ciò che lei asserisce. Ma, nello stuzzicarla con le domande, provo anche la soddisfazione di intaccare la sua laconicità, che talvolta trovo un po’ ostentata, e francamente non me ne capacito perché so che lei non è davvero quel genere di persona.”

“No, Henry! Proprio non ci siamo”, e stavolta il tono di O’Bannon era decisamente risentito. “È soltanto che su certi argomenti io non so davvero cosa dire poiché non ho opinioni plausibili al riguardo e, anche se ne avessi, una volta espresse esse lascerebbero in ogni caso il tempo che trovano. È lecito che tutti abbiano delle opinioni, ma non è affatto obbligatorio esprimerle sempre, perché questo non cambierebbe di un’acca la nostra situazione. Le parole di un altro non saranno mai le mie. Ecco perché quando non so che dire preferisco restarmene zitto.”

A questo punto O’Bannon guardò i commensali uno ad uno. Digger aveva smesso di sbucciare il frutto con la mano a mezz’aria e il Maggiore Dragan lo osservava interrogativamente, mentre io fissavo imbarazzato la compostiera sulla tavola.

“Comunque, a finirla qui caro Henry, per quanto riguarda la musica io la penso così: è bellissima ed aiuta ciascuno di noi a sentirsi meglio; e questo è certamente un bene. Però so anche che infinite volte nella storia ci sono stati dei presidenti che, mentre autorizzavano sanguinosi bombardamenti, ascoltavano meravigliose sinfonie. ‘I poeti che non s’interessano alla musica sono, o diventano, cattivi poeti’ diceva Ezra Pound. Però coloro che scatenano guerre e stragi riescono a farlo sempre ottimamente, s’interessino o meno della musica.”

O’Bannon tacque e ci fissò dritto negli occhi mentre interessatissimi non fiatavamo. Poi riprese in tono meno accalorato, dicendo: “Prima di partire da Terra Magistra ho udito per le strade cori messianici di mentecatti cantare, suonare ed inneggiare al terribile virus come ad una divinità catartica che avrebbe trasformato il male di Terra Magistra in un bene universale. Tutto ciò mentre la popolazione moriva come mosche. Quale opinione potrei avere di tutto ciò? E sarebbe valsa la pena esprimerla a quei fanatici? Se non l’ha ancora capito, caro amico, la legge di ogni vivente è purtroppo la lotta, ed avere un’ennesima diversa visione del mondo non porterebbe ad altro risultato che rovesciare per un’ennesima volta i fronti che si combattono, come più o meno scrisse Ernst Jünger nella prima metà del ventesimo secolo.”

Dragan ed io ci scambiammo un’occhiata significativa, mentre Digger lasciò cadere il frutto nel piatto e, alzatosi dalla sedia, si acconciò l’elegante mantello isotermico. Nel farlo disse con assoluta noncuranza: “Cari amici, tra un po’ su Bhayros sarà l’ora di un magnifico triplo tramonto. Andiamo a godercelo tutti quanti di fuori, sul patio della locanda. Ho la sensazione che ne avremo tutti ancora per molto tempo, ma prima che io risalga sulla Kolòny vorrei godermi uno spettacolo naturale unico insieme a voi.” E nel dire questo si avviò verso le quattro grandi vetrate che davano all’esterno, con noi rasserenati al seguito.

Nella foto l’astronave Elettra in avvicinamento a Bhayros, con i suoi tre piccoli soli e le diffrazioni cromatiche provocate dallo scatto remoto a riflessione laser.

L’astronave Elettra in avvicinamento a Bhayros, con i suoi tre piccoli soli e le diffrazioni cromatiche provocate dallo scatto remoto a riflessione laser