La Sacra Bibbia – Proverbi 8:22-31
22 Il SIGNORE mi ebbe con sé al principio dei suoi atti, prima di fare alcuna delle sue opere più antiche. 23 Fui stabilita fin dall’eternità, dal principio, prima che la terra fosse. 24 Fui generata quando non c’erano ancora abissi, quando ancora non c’erano sorgenti rigurgitanti d’acqua. 25 Fui generata prima che i monti fossero fondati, prima che esistessero le colline, 26 quand’egli ancora non aveva fatto né la terra né i campi né le prime zolle della terra coltivabile. 27 Quand’egli disponeva i cieli io ero là; quando tracciava un circolo sulla superficie dell’abisso, 28 quando condensava le nuvole in alto, quando rafforzava le fonti dell’abisso, 29 quando assegnava al mare il suo limite perché le acque non oltrepassassero il loro confine, quando poneva le fondamenta della terra, 30 io ero presso di lui come un artefice; ero sempre esuberante di gioia giorno dopo giorno, mi rallegravo in ogni tempo in sua presenza; 31 mi rallegravo nella parte abitabile della sua terra, trovavo la mia gioia tra i figli degli uomini.
In mezzo alla grande radura, che Ev Ajin aveva scoperto qualche giorno prima appena discesa sulla Terra, c’era un’oasi di paradiso. Proprio in quest’oasi verdeggiante adesso si trovavano immerse, nella luce d’oro di un sole giovane e caldo, due figure abbracciate: una maschile, quella forte e muscolosa di un ragazzo glabro e abbronzato, e l’altra femminile, la sua, flessuosa e slanciata, coi lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle, caratterizzata dall’aspetto più attraente che Ev Ajin avesse potuto assumere, per corrispondere meglio alle caratteristiche sessuali dalla specie biologica predominante del pianeta.
La vegetazione lussureggiante li nascondeva entrambi alla vista di altri esseri animali al suolo, ma non a quella dei rilevatori biometrici dell’astronave che stazionava nello spazio esosferico del pianeta, incaricata delle ricerche etologiche aliene, in quel Sistema Solare distante milioni di anni luce dalla galassia di Andromeda.
Ev Ajin era giunta ormai alla fine del tempo accordatole dai Controllori di Mandato, e doveva fare in fretta per concludere con successo la ricerca biologica assegnatale sul terzo pianeta del sistema.
Stringeva fra le dita la collana di piccole gemme intrecciate che Adam le aveva regalato il giorno prima, per quello che avrebbe dovuto essere insieme il loro primo e ultimo appuntamento. Un dono primitivo, ma generoso e disinteressato, che nessun altro essere vivente le aveva mai fatto nelle sue innumerevoli missioni precedenti.
Come tutte le volte che scendeva su un pianeta alieno, sapeva di essere continuamente sorvegliata dai Controllori mentre cercava di indurre un essere di sesso opposto, che la osservava stupito e incantato dalla sua bellezza, ad accoppiarsi con lei, perché quello era il suo incarico. Lo era ormai da centinaia d’anni terrestri: intercettare la vita di quel pianeta, andarla a conoscere da vicino per farla riprodurre dal suo grembo, permettendone lo studio una volta ritornata nella sua galassia d’origine. Questo in tutti i vari modi possibili di gametogenesi che ogni biologia aliena presentava e ai quali lei si prestava, trasformandosi ogni volta in forme diverse, ma sempre necessariamente affascinanti e stimolanti per l’accoppiamento con gli individui della specie incontrata.
Stavolta però, in mezzo a quella splendida natura fecondata da quel magnifico sole che aveva impressionato straordinariamente anche lei, di solito studiosa fredda e distaccata, Ev Ajin si poneva interrogativi che non si era mai posta in precedenza.
Dove avrebbero condotto quel giovane lo splendore dei suoi occhi e la luminosità della sua pelle? Lei ne era consapevole perché aveva vissuto l’identica situazione con altri esseri gamici prima di lui su tanti altri mondi, ma un giovane terrestre come Adam cosa ne poteva sapere? Il pianeta si trovava ancora ad uno stadio di evoluzione arcaico e il ragazzo non poteva sapere nulla della sua origine di provenienza, e soprattutto della sua effettiva età. Poi si chiedeva, per la prima volta dopo tante missioni, da dove proveniva quella sensazione di vuoto interiore che le procurava l’idea di andarsene e abbandonare quel giovane maschio, senza poterlo rivedere mai più. Una sensazione, ben al di là della materia delle sue molecole costitutive, che non aveva mai provato.
Fu allora che le sue evolute conoscenze di fisica le fecero balenare nella mente un’idea folle, che forse le avrebbe permesso di rimanere per sempre con quell’essere sul pianeta, senza tradire il suo mandato.
“Potresti godere due giorni di più!” gli disse lei, fissandolo con occhi inquieti, dopo avergli illustrato velocemente il progetto che aveva in animo.
“Sì, ma sarebbe troppo per me…” rispose lui, sorridendole.
“Perché troppo? Non mi ameresti comunque due giorni di più, se febbraio avesse trenta giorni?”
“Ma Ev Ajin, questo è il nostro destino. Come possono cambiarlo due giorni in più? Ieri mi hai detto che dovrai andartene. E che io prima o poi dovrò dimenticarti. A cosa potrebbero servirmi quei giorni in più?”.
Le braccia di lei lo circondarono ancora più strettamente e le labbra umide cominciarono a sfiorarlo delicatamente. Il suo alito caldo e profumato lo inebriava, mentre i seni lievemente lo toccavano, comprimendosi ogni tanto deliberatamente sulla sua pelle.
Era la prima volta dopo tanti secoli che Ev Ajin provava una sincera tenerezza per una cavia biologica prescelta dai Controllori, e non soltanto la voglia insopprimibile di imprimere una svolta definitiva al proprio destino.
“Non si tratta solo di due giorni in più” sussurrò lei in un impeto di sincerità, anche con se stessa. “Sarebbe la forma che prenderebbe nel vostro mondo un vuoto temporale, in cui si creerebbero due universi paralleli, in uno dei quali noi continueremmo a stare insieme per sempre. Non sopporto più questa sorte crudele che mi costringe a legarmi senza eccezioni; di un legame senza trasporto e senza limiti d’intensità, ma breve nel tempo, approfittando dei momenti di apertura, quando tutti i possibili varchi nel tempo si offrono alle infinite trame dell’Universo. Se accetti il rischio di cadere nel vortice di quel vuoto, vivremo per sempre in un eterno giorno di desiderio; dove nessuno potrà più rinchiuderci e disperderci, perché nessuno saprebbe della sua esistenza. Noi potremo sopravvivere e io potrò ricordare. Senza ricominciare da capo, ogni volta che qualcuno di cui tu non sospetti nemmeno l’esistenza ci fa precipitare divisi, ciascuno nel buio di un ulteriore destino. Io ne ho la capacità. Io posso farlo succedere. Posso crearli io, quei due giorni!”
“Ev Ajin, mi riesce quasi incomprensibile il tuo discorso. Quel destino, come lo chiami tu, è il padrone assoluto della nostra esistenza su questa Terra, che però è il nostro mondo, il mio mondo. Come faccio ad abbandonarlo per sempre, in una dimensione sconosciuta? Una volta si diceva sulla Terra che eravamo tutti uguali e felici in una sorta di paradiso terrestre, ma il nostro destino non è mai cambiato. Noi abbiamo a disposizione solo il nostro tempo e due giorni in più, nascosti nelle pieghe della nostra vita e dell’universo, non cambiano molto la situazione. Né la mia né la tua, chiunque tu creda sia in grado di farlo.”
Ev Ajin provò una grande compassione per la disarmante arretratezza culturale del ragazzo, ma continuò a parlargli imperterrita.
“È il 30 febbraio la nostra unica speranza! Nel loro mondo e nel loro tempo voi vivete solo quando essi si servono di voi. Ti prego, Adam. Ascoltami!”.
L’ultima frase fu una disperata invocazione di Ev Ajin, ma proprio mentre Adam stava per ricambiare l’abbraccio e dire di sì alla fuga nell’Eterno Giorno di Febbraio, quella forza aliena che Adam aveva chiamato destino radunò tutte le stelle nel firmamento in un unico punto luminosissimo, fondendole nella singolarità della missione successiva, permettendo un viaggio interstellare di milioni di anni luce in pochi attimi. E fu di nuovo silenzio nei Loro Universi.
Ev Ajin perse i sensi per un momento durante la metamorfosi che la separava istantaneamente dalla Terra, trasformandola in un individuo della sua specie. Ma le rimase impressa nella mente l’immagine di quel paesaggio giallo oro costellato di lampi di luce solare e balenii verdi, in cui avrebbe voluto rimanere per sempre.
Allora, oltre a rimpiangere il giovane Adam, si trovò ad invidiare la capacità che avevano i terrestri di guardare con gli occhi e di percepire coi loro sensi, non solo colori e forme, ma anche le sensazioni tattili di contatti corporei che facevano rabbrividire e fremere, per un sentimento che ormai lei non avrebbe più potuto conoscere e definire amore.
L’Arconte Controllore osservò Ev Ajin mentre si avvicinava al portellone dell’astronave, stupenda come sempre. Constatò che era magnifica e che avrebbe meritato un ruolo ben diverso e più importante. E sentiva anche che Ev Ajin stava diventando piano piano un’altra entità alla ricerca di un altro fato, ma lui non si azzardava ad immaginare quale avrebbe potuto essere.
Fu per questo che, quando Ev Ajin fu di fronte a lui e incrociò il suo sguardo, le rivolse un cenno che un essere umano avrebbe potuto interpretare come un sorriso. Lei guardò impassibile l’Arconte e varcò la soglia, raccogliendo il manto dietro di sé e, senza degnare di un’occhiata gli altri Controllori, si diresse fiera e determinata come mai era stata prima verso il suo alloggio.
Il buio era calato ancora su di lei troncando un altro ennesimo suo incontro, ma il primo appassionato. Non restava che attendere un nuovo giro di stelle. Ma chissà se Ev Ajin avrebbe amato così tanto da riuscire a convincere qualcun altro a cedere, per risvegliarsi all’alba del 30 febbraio? Proprio in quel lasso di tempo cieco che i Controllori non erano in grado di prevedere e dominare, permettendo così a quegli esseri capaci di farlo, di sfuggire loro e di non essere travolti dalla tornata successiva.
Erano così tante le stelle che qualcuna, sfuggita dalle mani del destino, si sarebbe persa nella trama dello spazio tempo proprio il 30 febbraio, un giorno che solo gli amanti riuscivano a vivere.
Ev Ajin era sicura che, allorché avesse ritrovato il suo Adam e il suo paradiso terrestre, tutto ciò sarebbe accaduto, anche se in un altro tempo e in un altro universo. E l’evento sarebbe stato così straordinario che sarebbe stato interpretato come divino, nei secoli dei secoli.
Enrico Smith
26 gennaio 2016
Il racconto è stato ispirato dalla fotografia “RUN12” di Eugenio Smith.
February 30th
Proverbs 8: 22-31 (Holy Bible NiV)
22“The Lord brought me forth as the first of his works,
before his deeds of old;
23 I was formed long ages ago,
at the very beginning, when the world came to be.
24 When there were no watery depths, I was given birth,
when there were no springs overflowing with water;
25 before the mountains were settled in place,
before the hills, I was given birth,
26 before he made the world or its fields
or any of the dust of the earth.
27 I was there when he set the heavens in place,
when he marked out the horizon on the face of the deep,
28 when he established the clouds above
and fixed securely the fountains of the deep,
29 when he gave the sea its boundary
so the waters would not overstep his command,
and when he marked out the foundations of the earth.
30 Then I was constantly[e] at his side.
I was filled with delight day after day,
rejoicing always in his presence,
31 rejoicing in his whole world
and delighting in mankind.
Ev-Ajin had discovered a few days before, as soon as she had descent to Earth, the peaceful heaven amid the large clearing. In this green oasis now there were two embraced figures immersed in the golden light of a young and warm sun: a male, a strong, muscular hairless and tanned guy, and a female, lithe and slender, long blond hair loose on her shoulders, with the more attractive features that Ev-Ajin could assume, in order to be the nearest to the sexual characteristics of the predominant biological species of the planet.
The lush vegetation hid them from the view of other animals on the ground, but not from the biometric detectors of the spaceship that was stationing in the exosphere of the planet in charge of alien ethology research, in that solar system that was millions of light years far from the galaxy Andromeda.
Ev-Ajin was now at the end of the time granted by the Supervisors of Mandate, and she had to hurry to conclude successfully the biological research she was in charge of on the third planet of the system.
She was clutching the necklace of small intertwined gems in his fingers : Adam had given it to her the day before, on what should have been together their first and last date. A primitive gift, but generous and disinterested, which no other living being had ever given her in her numerous previous missions.
As usual, she came down on an alien planet, she knew she was constantly watched by Controllers while trying to induce a being of the opposite sex – who was staring at her, amazed and enchanted by her beauty – to mate with her, as that was her task. It had been the same for hundreds of Earth years: to intercept the life of that planet, to go and get to know up close in order to let it generate in her womb, so to be able to study it once back in her native galaxy. This in all the various possible ways of gametogenesis that every alien biology presented and to which she played, each time changing herself in different forms, which were always necessarily fascinating and challenging for mating with individuals of the encountered species.
But this time, in the midst of the beautiful nature under that magnificent sun, which had impressed her who was usually a cold and detached scholar, Ev-Ajin was wondering about things she had never been concerned of before.
Where would the splendor of his eyes and the brightness of his skin lead this young man? She knew all because she had lived the identical situation with other gamic beings before him on many other worlds, but a young terrestrial like Adam, what could he know about it? The planet was still at an archaic stage of evolution and the boy did not know anything about his origin, and especially of his true age.
Then she was wondering, for the first time after so many missions, about the origin of that feeling of emptiness which gave her the idea to go away and leave this young male, without being able to see him again. A feeling, well beyond the matter of its constituent molecules, which she had never experienced before.
It was then that her advanced knowledge of physics flashed a crazy idea in her mind, that perhaps would allow her to stay forever with that being on the planet, without betraying its mandate.
“You could enjoy two days more!” she said, staring at him with restless eyes, after having explained the project she had in her mind quickly.
“Yes, but it would be too much for me …” he said, smiling.
“Why too much? Don`t you love me for other two days if February had thirty days? “
“But Ev-Ajin, this is our fate. How can it be changed in two more days? Yesterday you told me that you would leave. And sooner or later I would have to forget you. What could I do with just two more days?
Her arms surrounded him even more closely and her moist lips began to touch him gently. Her warm and fragrant breath intoxicated him, while her breasts lightly touched him, compressing sometimes deliberately on his skin.
It was the first time in centuries that Ev-Ajin felt a sincere affection for a biological guinea pig chosen by the Supervisors, and not only the irrepressible desire to bring about a turning point in their destiny.
“It’s not just two more days” she whispered in a fit of sincerity, even to herself. “It would be the shape it would take a time gap in your world, where would create two parallel universes, one of which we would continue to be in forever together. I can`t stand this cruel fate that forces me to tie myself without exception; the idea of a tie without transport and without limits of intensity, but short in time, taking advantage of the opening moments, when all possible gaps in time are offered to the endless plots of the Universe. If you accept the risk of falling into the vortex of that void, we will live forever in an eternal day of desire, where no one would be able to lock us and split us any longer , because no one would know of its existence. We may survive and I`ll be able to remember. Without starting over whenever someone of whom you do not even suspect the existence makes us fall apart, each in a dark further fate I can do it. I can make it happen. I can create them, those two days! “
“Ev-Ajin, your speech is almost incomprehensible to me.That fate, as you call it, is the absolute master of our existence on this Earth, but it’s our world, my world. How can I leave it forever, to an unknown dimension? Once they used to say that we were all equal and happy in a kind of earthly paradise on Earth, but our destiny has never changed. We only have our time and just two more days, hidden in the folds of our lives and of universe, do not change the situation much. Nor mine, neither yours, whoever you believe to be able to do it. “
Ev-Ajin felt a great compassion for the disarming cultural backwardness of the boy, but she continued to talk.
“It’s February 30th our only hope! In their world and in their own time you live only when they use you. Please, Adam. Listen to me! “.
The last sentence was a desperate Ev-Ajin cry, but as Adam was to reciprocate the hug and say `yes` to escape in the Eternal Day of February, the alien force that Adam had called destiny, had gathered all the stars in the firmament in one very bright place, fusing them in the singularity of the next mission, allowing interstellar travel of millions of light years in a few moments. It was quiet again in Their Worlds.
Ev-Ajin lost consciousness for a time during the metamorphosis that separated her instantly from Earth, turning her into an individual of its species. But in her mind there was still the image of that golden landscape studded with flashes of sunlight and green gleams, where she would have wished to stay forever.
So, in addition to the regret for young Adam, she found herself envying the terrestrial capacity to look through their eyes and perceive with their senses, not just colors and shapes, but also the tactile sensations of physical contact that made her shiver and shudder, a feeling that now she would be able to know anymore and define love.
The Archon controller observed Ev-Ajin as he approached the door of the spaceship, wonderful as always.He noted she was magnificent and that she would have deserved a very different and more important role.
He also felt that Ev-Ajin was becoming slowly another entity looking for another fate, but he did not dare to imagine what it could have been.
That was why, when Ev-Ajin was in front of him and crossed his eyes, he gave her a nod that a human being could interpret as a smile. She looked at the Archon unmoved and walked through the door, picking up the mantle behind her and, without looking at the other Controllers, she walked_being proud and determined as never before _to his apartment.
Darkness had fallen on her again breaking off another of her meeting, but the first one that had been ardent. It only remained to wait for a new turn of the stars. But who knows if a Ev-Ajin would have loved so much to be able to persuade someone else to give in, to awaken on the ‘dawn of February 30? Just in that blind time that Controllers were not able to predict and dominate, allowing to those beings able of doing it, to escape from them and not to be overwhelmed by the subsequent part.
There were so many stars that one, escaped from the hands of fate, would be lost in the plot of the space – time precisely on February 30, a day that only lovers could live.
Ev-Ajin was sure that when she had found his Adam and his earthly paradise again, this would have happened, even if in another time and in another universe. And the event would have been so extraordinary to be interpreted as divine, for ever and ever.
Enrico Smith
The story was inspired by the photograph “RUN # 01” by Eugenio Smith
Translated by Maria Benimeo